Il Contratto a Chiamata
Il contratto a chiamata, o contratto intermittente, è una eccezione al contratto di lavoro a tempo indeterminato che permette ai datori di lavoro di far fronte a particolari esigenze produttive attraverso la flessibilità della prestazione lavorativa.
Il legislatore per evitare l’abuso dello strumento, ne subordina l’uso a fronte di specifiche ipotesi oggettive e soggettive.
Prima di tutto capiamo che cos’è il contratto a chiamata: è un contratto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato o determinato, attraverso il quale il datore di lavoro assume il lavoratore e utilizza la prestazione lavorativa “a chiamata”, ossia quando ne ha la necessità.
In altre parole, la prestazione lavorativa non viene stabilita in anticipo ma viene resa solo su chiamata del datore di lavoro. Questo comporta che la retribuzione viene erogata al lavoratore solo quando rende la prestazione, a differenza delle altre tipologie contrattuali ove la retribuzione spetta in ogni caso al lavoratore (ad esclusione di quelli previsti dalla legge o dal Ccnl).
Come funziona il contratto a chiamata?
L’art. 13 del D. Lgs. 81/2015 c. 1, recita così:
“Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali “.
In pratica, è un contratto di lavoro discontinuo con il quale il lavoratore pone la sua prestazione a disposizione del datore di lavoro che lo chiama quando ne ha bisogno, ovvero per far fronte a particolari esigenze produttive nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
Risulta evidente che è una forma contrattuale interessante per i settori produttivi come i pubblici esercizi, il turismo, spettacolo, organizzatori di eventi in generale.
Tanto è vero che il legislatore, al comma 3 dell’art. 13, prevede che ad eccezione dei settori su indicati, il lavoratore intermittente può svolgere per lo stesso datore di lavoro un massimo di 400 giornate lavorate nell’arco di 3 anni. Limite che viene a cadere per i settori su indicati.
Ci sono limiti nell’utilizzo del contratto a chiamata? Si, ci sono limiti.
Ipotesi Oggettive
In primis, nell’ambito delle ipotesi oggettive, il legislatore prevede che questa tipologia contrattuale può essere utilizzata nei casi previsti dai CCNL; in mancanza del contratto collettivo i casi di utilizzo del contratto a chiamata sono individuati con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Significa che i contratti collettivi o il Decreto del Ministro del Lavoro devono individuare le attività che hanno carattere di discontinuità e che quindi permettono l’utilizzo di tale tipologia contrattuale.
Non tutti i CCNL hanno individuato le attività discontinue e il decreto, ad oggi, manca. Quindi, in questi casi, si fa riferimento R.D. n. 2657/1923 che individua le attività che richiedono un lavoro discontinuo.
Ipotesi Soggettive
Rientra nell’ambito delle ipotesi soggettive quanto previsto dall’art. 13 comma 2 del D. Lgs. 81/2015, ossia che il contratto di lavoro intermittente può essere concluso:
- con soggetti di età inferiore ai 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il 25° anno;
- con soggetti di età superiore ai 55 anni.
Divieti
Non è possibile utilizzare il contratto a chiamata nelle ipotesi previste dall’art. 14:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi (articoli 4 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223) che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, oppure presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
- ai datori di lavoro che non hanno svolto la valutazione dei rischi in applicazione della normativa a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Adempimenti
Per il contratto a chiamata è richiesta la forma scritta con indicazione:
- durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto di lavoro intermittente;
- luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
- trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
- forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro nonché le modalità di rilevazione della stessa;
- tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
- misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
- Oltre alla comunicazione Unilav di assunzione, occorre comunicare ogni singola prestazione a chiamata come previsto decreto interministeriale 27 marzo 2013.
Conclusioni
Il contratto a chiamata rappresenta un strumento di flessibilità per gestire le esigenze di maggiore personale in particolari periodi.
Nel redigere un budget del personale, per esempio nelle azienda alberghiere (approfondimento qui), può essere utile valutare anche questa forma contrattuale.
L’attenzione alla gestione del personale attraverso l’utilizzo di tipologie contrattuali previste dalla normativa vigente, rappresenta un vantaggio competitivo da non sottovalutare.